L’editoriale

Il meglio deve ancora venire

È il vostro primo Natale con “Agorà Giovani”, un traguardo importante per una testata storica che, nata el 1998, è tornata in edicola da pochi mesi. La nostra nuova avventura è infatti ripartita lo scorso gennaio e, se ci guardiamo un attimo indietro, ripensando alle tante cose fatte, sembrano passati decenni, e invece
la sfida è solo agli inizi. In pochi mesi abbiamo partecipato a fiere e incontri in tutta la Campania, incontrato centinaia e centinaia di ragazzi e, soprattutto, ricreato quella rete di contatti, condivisioni e sinergie positive che rappresenta da sempre il nostro valore aggiunto. La nostra testata è diventata riferimento per diverse scuole della Campania che, in ogni numero, collaborano con articoli, idee e
proposte. La nostra redazione è un perfetto mix di giovani talenti e collaboratori storici, da sempre appassionati di lettura e scrittura. Non inganni il nome: i giovani sono nel nostro cuore e rappresentano il
futuro, ma nel giornale c’è spazio anche per i “diversamente giovani”, come ama definirli la nostra editrice. Il successo di “Agorà Giovani” passa infatti da un attento e proficuo lavoro di squadra, che
coinvolge profili e talenti solo apparentemente diversi e che, ogni mese, trova magicamente sintesi nel nuovo numero in edicola. In questi primi dieci numeri non abbiamo mai perso di vista l’attualità, senza mai negarci affascinanti incursioni nel mondo della letteratura, della cultura, dell’arte e della poesia. Abbiamo stimolato i nostri ragazzi a parlare di futuro, di nuove tecnologie e di intelligenza
artificiale. Ma anche di integrazione, lavoro e, come in questo numero in particolare, di violenza di genere e femminicidi. Perché vogliamo essere laboratorio di scrittura, ma anche osservatorio sociale e palestra di vita per le nuove generazioni, che sono luce e speranza proiettate sul nostro futuro. Ora,
tutti insieme, siamo pronti ad affrontare con passione ed energia il nuovo anno, in cui si preannunciano progetti interessanti e grandi opportunità, che condivideremo con voi, come sempre. Intanto auguri a
tutti noi.

Non c’è ancora oggi: sogni di normalità per un futuro diverso

Anche su questo numero di “Agorà Giovani” c’è tanto spazio dedicato alle donne e, in particolare, alle problematiche di genere e all’infinita emergenza violenza. Storie di donne di oggi e racconti che arrivano dal passato, da frammenti di un impegno sociale, spesso fatto di silenzi, lotte e sacrifici per un futuro diverso. Come nel film “C’è ancora domani”, in cui Paola Cortellesi fa leva sulla profondità del bianco e nero per il suo manifesto sociale, sempre in perfetto equilibrio tra dramma e sarcasmo, ironia e paura. Il
messaggio che arriva agli spettatori è forte e chiaro: ribellarsi alla violenza non significa fuggire, ma lottare per il cambiamento. Che vuol dire anche, semplicemente(?), recarsi alle urne per votare. Da
donna, per la prima volta. Per un futuro migliore, di speranza, di occhi pieni di vita e passione. Oggi quel futuro è arrivato, ma solo in parte. Perché se siamo qui a parlare di donne come di una questione aperta c’è, evidentemente, ancora tanta strada da fare. Nel lavoro (dove la parità è una chimera e uno slogan buono per ogni campagna elettorale), in famiglia (dove si registra il numero maggiore di violenze e soprusi) e nella società più complessivamente. Magari partendo dal chiacchiericcio da bar, dalle battutacce condite da frasi volgari e irrispettose, infarcite di pregiudizi e retaggi duri a morire. Perché è forse proprio lì che inizia tutto, o quasi. E allora ben venga il 25 Novembre e la Giornata internazionale
per l’eliminazione della violenza sulle donne. Ben vengano i convegni e gli incontri per ricordare le vittime e rilanciare l’impegno sociale. Ben vengano le scarpe rosse, i nastri e i segni sul viso. Va tutto bene, ma serve anche altro, tanto altro. Serve quotidianità, non straordinarietà: semplicemente normalità. Perché
fin quando ci sarà una questione femminile all’ordine del giorno, saremo ancora lontani dal traguardo. Fin quando ci ritroveremo a parlare di donne come di un fenomeno o un’emergenza da affrontare, quel futuro non sarà ancora arrivato.

Ma ora tocca agli uomini

Non è la prima volta che il nostro giornale si occupa di violenza di genere, ospitando articoli e riflessioni su un tema che resta di drammatica attualità.
In questo numero abbiamo deciso di dedicare all’argomento la nostra illustrazione in prima pagina. Per noi rappresenta un segnale forte di partecipazione e condivisione, con il quale, grazie alla passione e la spinta di un giornale, proviamo a tenere alta l’attenzione su un fenomeno sociale intollerabile, che va necessariamente arginato, partendo un’operazione culturale che non può più essere rinviata.
Ma c’è un aspetto, in particolare, sul quale mi preme soffermarmi ancora, perché lo ritengo cruciale in uno scenario di violenza e sangue, in cui, troppo spesso, le donne sono lasciate sole, come se il problema fosse in qualche modo solo loro, e non di tutta la società. Intorno alle donne cala spesso un silenzio colpevole, in qualche modo complice di chi si macchia di omicidi e atti di violenza atroci.
Gli uomini, i tanti uomini giusti, che restano in silenzio, sono in qualche modo colpevoli. Non basta più prendere le distanze, non serve condannare (e ci mancherebbe) chi uccide. Bisogna alzare la voce, schierarsi nella quotidianità al fianco di quelle donne costrette a subire piccole e grandi ingiustizie e continui atti di
sopraffazione. Anche una “innocente” battutina sessista, buttata lì quasi per gioco, può essere un primo campanello d’allarme, un segnale che deve spingere gli uomini
giusti, che sono tanti, tantissimi, a prendere le difese della donna, ad ammonire e a far riflettere chi ha mancato di rispetto, anche se in maniera più o meno inconsapevole.
La scrittrice francese Isabelle Alonso dice che “La violenza verbale è la prima tappa della violenza generale contro le donne”. Ecco, partiamo da qui, non dimentichiamolo, mai. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in “Palombella rossa”, e possono lasciare il segno, anche più di uno schiaffo.


Marco Grasso

Il dovere di vivere nella legalità

“Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti”. In questa frase di Martin Luther King, successivamente ripresa, e in piccola parte modificata, da Padre Pino Puglisi, c’è tutto il peso di una battaglia di impegno civile che non può prescindere dal contributo di tutti, ognuno per la propria parte.
Sbaglia chi pensa che un principio così importante come quello della legalità, possa essere affidato solo a chi è chiamato, in prima battuta, a rappresentare la legge e a farla rispettare.
La lunga scia di sangue che ha attraversato, soprattutto in passato, il nostro Paese dimostra esattamente il contrario. Tanti omicidi e attentati si sarebbero forse potuti evitare o, quantomeno, avrebbero avuto un impatto diverso sulla nostra storia e le nostre coscienze, se ognuno di noi avesse fatto sentire la propria voce, schierandosi apertamente contro il potere della criminalità organizzata e dell’illegalità.
Gli attentati, anche quelli più efferati, sono spesso la conclusione di percorsi consumati tra silenzi e indifferenza. Tra alzate di spalle e occhi rivolti verso il basso, per non sapere, per non vedere. Le vittime diventano tali perché, per motivi di convenienza, interesse o semplicemente noncuranza e distrazione, vengono lasciate sole, abbandonate al proprio destino. E, si sa, nessuno si salva da solo.
Maggio è un mese che il nostro Paese dedica da tempo ai temi della legalità. Il ricordo delle morti dei giudici Falcone o Borsellino, di Padre Puglisi o di Peppino Impastato, è ancora vivo, impresso nelle nostre menti. Nelle nostre scuole, come è giusto che sia, si continua a parlare di questi eroi che hanno sacrificato la propria esistenza per un futuro di luce e speranza.
Ora tocca noi portare avanti il loro straordinario messaggio di legalità. Ogni giorno, anche nei gesti che ci sembrano più banali e abitudinari. Deve circolare sempre nel nostro sangue, guidarci in ogni scelta, illuminare ogni decisione. Solo così onoreremo davvero la loro memoria.


Marco Grasso

I giovani e un futuro da costruire insieme

Il filo rosso di questo numero di “Agorà Giovani” sono ancora una volta i ragazzi: i loro sogni, le loro ambizioni, ma anche i loro timori, le loro paure. Il nostro giornale, come detto fin dall’inizio, è tornato in edicola con l’obiettivo ambizioso, ma allo stesso tempo esaltante e stimolante, di diventare puntare di riferimento delle nuove generazioni. Del resto un mondo che non sa guardare ai giovani per valorizzarli, né investire sulle loro potenzialità è una realtà senza prospettive, senza futuro. In questo numero Emanuel, uno dei tanti ragazzi che collabora con noi, ha preso spunto da un recente servizio
di “Piazza Pulita” per parlare del mondo del lavoro e dell’approccio, non sempre positivo, delle nuove generazioni. Le difficoltà di inserimento sono tante, ma la voglia di formarsi, mettersi in gioco e sacrificarsi
non deve mai venir meno. Eppure tanti giovani, complici anche, come emerge da altri articoli pubblicati
su questo numero, il dilagante abuso delle nuove tecnologie e una comunicazione sempre più invasiva
e fuorviante, non sembrano più disposti a lottare per un posto al sole. Spesso non hanno le giuste motivazioni e la voglia di crescere e sgomitare, rinunciando magari a qualche privilegio. Colpa della vita comoda e rassicurante di cui possono godere a casa? Colpa di una scuola poco innovativa e non ancora sintonizzata con il mondo del lavoro? Difficile dare delle risposte precise e univoche, ma una cosa è certa: qualche volta varrebbe la pena guardare a chi è dovuto partire davvero da zero, se non sottozero, come Benedetta De Luca, oggi affermata influencer e avvocato, dopo un’infanzia e buona parte ell’adolescenza vissute in ospedale per una rarissima malformazione che ne ha condizionato la vita, senza scalfirne sogni e progetti. Le sue parole, profonde e dirette, hanno colpito non poco noi e gli studenti che hanno avuto la fortuna di ascoltare la sua toccante testimonianza. Ragazzi, è stato il suo accorato appello trapelato durante l’incontro, il futuro è nelle vostre mani. Avete la possibilità di fare tutto, non sciupatela. Parole che devono invitare alla riflessione ed una decisa assunzione di responsabilità, sia le nuove generazioni che chi è chiamato a costruire un mondo migliore per un futuro di crescita e sviluppo.


Marco Grasso

Oltre le “Vele”, c’è un’altra Scampia

C’è un’altra Scampia da vivere e respirare, diversa da quella raccontata nelle serie Tv e nelle cronache quotidiane che, troppo spesso, fanno tremendamente fatica ad andare oltre le ben note “Vele” del quartiere napoletano. C’è una Scampia che sa vivere di impeto e passioni, di cultura e conoscenza.
La nostra rivista, da quando è tornata in edicola, ha guardato da subito con interesse a questa realtà,
stringendo delle collaborazioni con alcune scuole, con l’obiettivo di coinvolgere soprattutto i ragazzi, le
nuove generazioni, chiamate a raccontare una storia diversa, a costruire un futuro di speranza anche in una realtà così complessa. Nell’ultimo mese siamo stati due volte ospiti del locale Liceo “Elsa
Morante”, guidato dalla dirigente Giuseppina Marzocchella. Sono state due mattinate molto intense e
partecipate, illuminate dagli sguardi carichi di attenzione e curiosità degli studenti coinvolti. Abbiamo raccolto emozioni e opinioni, ascoltato dalla loro voce sogni e ambizioni. Non abbiamo registrato nessuna voglia di nascondere paure e insicurezze o di provare a glissare sulle problematiche di un quartiere difficile, considerato come una delle aree più calde della criminalità organizzata.
C’è purtroppo anche questo nella storia e nella vita di tutti i giorni di Scampia. Ma ci sono anche quegli
occhi, quella ferma e avvolgente volontà di andare oltre, di costruire un mondo diverso, partendo proprio da una realtà così complessa. Non è facile, a Scampia come altrove, ma quei ragazzi sanno che ce
la possono fare. Hanno voglia di imparare in fretta, di crescere, di mettersi in gioco. Senza essere costretti
a scappare, a trovare altrove un futuro possibile. Sanno che anche in quel quartiere, tra quelle case raccontate troppo spesso dai media, può filtrare qualche raggio di luce. Ed è nella direzione del sole che bisogna guardare, tutti insieme. Il Mezzogiorno può avere ancora un domani se iniziamo a costruirlo noi,
ogni giorno, puntando solo sulle nostre capacità e le nostre passioni. Imparando a volerci bene e a
valorizzare quello che ci circonda. A Scampia hanno già iniziato.


Marco Grasso

La voglia di futuro di una comunità

La tragica e assurda morte del giovane Roberto Bembo, il giorno della memoria dedicato al dramma della Shoah e la rivolta in corso in Iran per i diritti delle donne sono i tre fatti che attraversano le pagine del nuovo numero di “Agorà Giovani”. L’olocausto e quanto sta accadendo in queste ore in Iran sono
vicende diverse e lontane, almeno da un punto di vista strettamente cronologico, ma legate
dal filo tragicamente rosso che accomuna schegge impazzite di umanità che continuano a negare,
oggi come allora, diritti sacrosanti e a penalizzare precise fasce di popolazione. Lo spunto,
anche in questo caso, è arrivato dai nostri ragazzi che hanno voluto misurarsi su un’attualità difficile
e complessa sulla quale hanno provato ad aprire uno squarcio di luce e di speranza. Così come si sono interrogati a lungo, non senza dolore e commozione, sull’atroce morte di Roberto, un efferato omicidio
che si è consumato all’alba di un nuovo anno che, soprattutto per i più giovani, è da sempre simbolo
di gioia e divertimento. Una festa macchiata da sangue innocente, che deve invitare tutti, nessuno escluso, alla riflessione. Anche in questo caso i nostri ragazzi non hanno esitato ad esporsi con riflessioni profonde e mature, che possono e devono diventare riferimento e guida per le giovani generazioni
e non solo. Un dato emerge in maniera evidente dalle loro parole, dai loro commenti: c’è
tanta strada da fare, ognuno per la propria parte, ma insieme. Perché solo ragionando e respirando
come una comunità, non limitandoci quindi a proteggere il nostro piccolo spazio quotidiano,
è ancora possibile immaginare un futuro migliore. Qualche segnale positivo già c’è, anche nella nostra città, come emerso dal “faccia a faccia” che abbiamo voluto dedicare proprio ad Avellino. Le
ombre, sia chiaro, non mancano, ma è alle luci, da alimentare con forza e passione, che bisogna
guardare. Tutti insieme.


Marco Grasso

Il fascino irresistibile della carta stampata

La carta stampata, per parlare con i giovani e ai giovani. A prima vista può sembrare una follia, ma non lo è. O almeno, oltre la sana follia che c’è dietro ogni progetto editoriale, c’è altro, tanto altro. In poche settimane la nostra testata (che ha una storia importante alle spalle) è stata inondata di richieste di collaborazione e articoli, consigli e suggerimenti. Per me che ho iniziato il mio percorso giornalistico in una fumosa redazione di provincia, dove qualcuno si ostinava ancora ad usare la macchina da scrivere, è stato bello ed emozionante trovarmi a dirigere una redazione giovane ed entusiasta. È bastato incontrarsi un pomeriggio, sotto lo sguardo attento e curioso della nostra editrice Giovanna Scuderi, per capire che c’era la giusta voglia e determinazione per tornare in pista con una testata “storica”, pronta a scrivere un nuovo capitolo. Si parte dalla carta stampata, ma presto saremo on line e sui social. Sarebbe stupido pensare di fermare il tempo, e noi non abbiamo alcuna intenzione di farlo, anzi, vogliamo provare ad anticiparlo, almeno qualche volta. La cultura, intesa nel senso più ampio e coinvolgente, è il filo rosso che anima il nostro progetto, anche se, come potrete vedere già in questo primo numero, non mancheranno incursioni in altri ambiti, solo apparentemente lontani. La cultura è ovunque, e la nostra sfida è farla uscire dai salotti e dai circoli, dove troppo spesso ama specchiarsi e contemplarsi, per arrivare a tutti, anche con chiavi di lettura nuove e diverse, ma mai banali. Come dicevo, ci saranno soprattutto giovani al nostro fianco (e si spera anche tra i lettori), ma non solo. Ogni progetto vincente ha bisogno del giusto mix di esperienza ed entusiasmo, di competenza e passione, di razionalità e impeto. Seguiteci, vogliamo divertirci e provare a stupire. E, statene certi, ce la faremo.


Marco Grasso