La lunga scia di sangue sulle strade: dolore, rabbia e conseguenze sociali
I Parte
Quando si scrive un pezzo giornalistico di commento a qualcosa, se non si è Montanelli o Bocca, bisogna partire dalla notizia, cercare di spiegarla e sintetizzare un pensiero che possa fungere da conclusione.
Bene, la notizia è questa: nell’ultimo weekend del sesto mese del 2023 (23- 25 giugno) sono stati registrati 43 decessi sulle strade: 24 motociclisti, 13 automobilisti, 3 pedoni e altrettanti ciclisti.
72 ore di sangue, di terrore e di dolore, di sequestri e burocrazie, di processi che si aprono, di funerali che si preparano; di cordelle che segnano i punti a terra, di carroattrezzi che issano carcasse grondanti oli esausti, di scope che spazzano detriti dall’asfalto.
E ancora di ambulanze che rientrano silenziose, di campanelli che suonano e di gente in divisa che ti entra in casa al posto di qualcuno che invece non lo farà più.
Un articoletto di stampa, sempre più scarno, e via che si ricomincia. La retorica fa sempre il suo effetto, bisogna ammetterlo. Proviamo a sviluppare un pensiero, perché uno dei fine settimana più tremendi che ricordiamo è appena trascorso: il dato che emerge, per quanto ignorato dalla stampa e (quindi) dalla politica, è che la categoria più colpita dalla mattanza è quella dei motociclisti (categoria che qui comprende tutti quelli in sella a un veicolo a motore a due ruote).
Ora: prima che a qualcuno venga in mente di suggerirci di denunciare il gravissimo stato in cui versano le nostre infrastrutture, prima che ad altri sovvenga il pensiero di rammentarci che la colpa è soprattutto di conducenti distratti, di vecchietti lenti, di animali vaganti o perfino della sfavorevole congiunzione degli astri, suggeriamo di andare a consultare il nostro sito internet, perché è da un trentennio che parliamo anche e soprattutto di quello.
Ma (sottolineiamo l’uso della predetta congiunzione avversativa) il dato di fatto alla luce degli ultimi dati è semplice: quando il motociclista va a sbattere si fa male per forza e non bisogna aver vinto un Nobel in fisica o medicina per capire che maggiore è la velocità, maggiori sono le conseguenze alle quali il malcapitato andrà incontro.
Pensate che gli studi delle lesioni indicano chiaramente che la velocità d’impatto di 30 km/h risulta essere il valore di soglia oltre la quale la lesività aumenta bruscamente: non è un caso che nelle città si stiano moltiplicando le zone in cui tale limite sia imposto per legge.
Quindi, potremo parlare ore e usare fiumi d’inchiostro per passare in rassegna tutte le concause, ma su due cose non è possibile essere smentiti.
Anzi, tre: in primis, la velocità è un problema insito nella moto-conduzione, al pari della maggiore lesività a cui vanno incontro i centauri.
Si va più veloce degli altri veicoli per definizione: lo fa lo scooterista più imbranato, che supera la fila al semaforo, figuriamoci il biker esperto.
Fidatevi: c’è gente (per fortuna pochissimi) che spesso tocca i 250 sui rettilinei presente lungo numerosi itinerari.
Ma proprio per l’esposizione che il corpo umano ha quando si trova in sella, spostarsi in moto è molto più pericoloso rispetto agli altri mezzi su ruote: negli stati dell’Unione Europea i veicoli a due ruote (motocicli e ciclomotori) rappresentano il 14% delle immatricolazioni e il 17% di tutti gli incidenti mortali ne vede coinvolto uno
In secundis, quei 24 motocilisti morti costeranno alla società oltre 43 milioni di euro, nella più ottimistica delle previsioni, e questo solo in 72 ore di sangue in quanto, complessivamente, i decessi sono stati ben 43 con un numero imprecisato di feriti: un tranquillo weekend di paura Nessuno ne parla: amnesia permanente o negazione della realtà?
A quelli vanno aggiunti i danni sociali per i feriti, sul cui numero non abbiamo al momento indicazioni. Sappiamo però che per ogni ferito grave la collettività paga mezzo milione di euro, mentre per i feriti lievi circa 45mila.
E sappiamo anche che, statisticamente, per ogni morto ci sono almeno 20 feriti, di varia gravità, senza pensare poi al dolore per chi resta o per chi è chiamato ad assistere i superstiti.
Quindi, fate voi i conti.
Domenico Carola
Direttore Scientifico Centro Studi Pissta